Cari Compagni Radicali,
Compagni e Radicali: sono queste
le uniche due parole sulle quali, negli ultimi mesi, sembriamo ancora tutti
d'accordo, le quali non sono state messe in discussione in questo folle periodo
pre e post elettorale.
Probabilmente la prima,
"compagni", verrà messa in discussione fra poco, ma mi piace pensare
che, se ancora tra di noi ci chiamiamo così, una profonda radice storica, la
più vera e inconfutabile delle ragioni storiche - ragioni che tanto sono state
usate per tentare di confutare, zittire, ironizzare su posizioni che mi piace
definire di avanguardismo, il guardare avanti, il guardare oltre, avere come
propria prospettiva il futuro radicale - una profonda radice storica del nostro
appellarci compagni esiste e deve continuare a esistere... e quindi, del tutto
evidentemente, non mi ci soffermerò oltre.
Radicali: certo io non conosco
tutto quello che questa parola, questo modo di essere in politica, ma direi
nella vita, ha significato nella lunga storia Radicale. Non conosco le modalità
delle grandi battaglie, non conosco talvolta molte delle vittorie anche passate
in sordina. Sono un po' ignorante in materia, non ho, d'altra parte, la pretesa
di onniscienza: ben lungi da me l'idea di impersonare lo storico un po'
tecnocrate di un partito politico. Ho studiato Scienze Politiche, ho un'idea
fin troppo rispettosa delle Istituzioni - entrare laddove si esercita la
politica è come entrare in Chiesa - ma in fondo questo è il mio 4 anno di
militanza attiva. Ho quindi molti spazi e opportunità di miglioramento. Questo,
oltre a rappresentare una grave mancanza, concedetemi la supposizione possa
rappresentare una certa fortuna. Nonostante l'età non più giovanissima, posso
definirmi un giovane radicale, che ha dalla sua la fortuna di non essere
ancorato - per motivazioni storiche o affettive - alle scelte e alle modalità
fin'ora messe in campo.
Di una cosa però sono certo:
voglio e vorrò avere la possibilità di essere Radicale, possibilmente Radicale
Italiano, ancora per molto tempo, nonostante i risultati elettorali. Mutuando
le parole del Tesoriere dell'Associazione Enzo Tortora, credo, come radicale,
che la nostra proposta politica non si esaurisca nel momento elettorale, e
quindi posso permettermi di rimanere radicale pur non avendo votato radicale e
non avendo condiviso metodo e scelte.
Così come credo che non ci si
possa definire Radicali solo nel momento in cui si compra il caro biglietto, in
cui si prende la tessera: sarebbe come dire a un omosessuale che egli non è
tale fino al momento in cui non ne faccia pubblica dichiarazione.
E che dire allora dei molti
radicali soprattutto storici - e qui in Tortora ne abbiamo un po' che sono più
di 30 anni che rinnovano l'iscrizione al Partito - e che hanno deciso di non
iscriversi a nessuno dei soggetti della Radicalità?
Non sono più Radicali ora, ovvero
si erano sbagliati prima, ovvero più semplicemente lo erano prima e non più
ora.
Oppure le sciagurate scelte
politiche di questi ultimi mesi hanno suscitato anche in loro un moto di
insoddisfazione, disaffezione, stanchezza, ribellione con l'unico strumento che
un iscritto Radicale ha per far sentire la propria voce: il non rinnovare la
tessera. E allora, convinto come sono che un buon dirigente - non solo politico
- debba ascoltare e fare tesoro più del dissenso che dell'assenso (gli yesmen
al sottoscritto non interessano), allora ben vengano incontri come questo a
Milano, come quello di settimana scorsa a Torino, di giovedì a Como, del
prossimo sabato a Verona. Per naturale caso geografico siamo al Nord della
Penisola: da qui il tema di questo incontro "Radicali al Nord: problema o
risorsa?" Dipende naturalmente dai punti di vista: ma sono senz'altro una
risorsa in quanto propositori di un'eventuale alternativa dell'alterità radicale.
Eventuale alternativa.
Perché questi incontri servono a
chiarire quale sia l'umore, il ventre molle, di un movimento politico che i
dirigenti dovrebbero imparare ad ascoltare.
Purché questi incontri servano e
siano fucina di idee e di progetti tutti rivolti al futuro. Lo ripeto: al
futuro, avendo rispetto della storia e degli errori.
E allora: gli ultimi anni sono
stati caratterizzati da una parabola discendente della Radicalità: il trend del
consenso stando ai risultati elettorali - non vi annoio con le cifre che sono
da tutti reperibili anche sul sito del Ministero degli Interni - indica un
continuo calo di consenso elettorale. Il numero delle iscrizioni è, se non in
calo, stazionario da anni - e rappresenta una certa sfumatura naif, o un certo
malcelato masochismo, che il tesoriere ad esempio di Radicali Italiani sia
sempre lo stesso da 4 anni a questa parte (4 anni è il mio lasso temporale di
riferimento diretto)... ecco anche il numero delle iscrizioni è un indicatore
di calo di consenso, non elettorale, evidentemente.
Non ci aiuta nemmeno il nostro
essere Trans - nazionali e partitici: dal sito del PRNTT si evince che il 99.9%
degli iscritti è italiano. Motivo per cui io ho sempre sentito parlare di VII,
VIII Congresso Italiano del Partito Radicale - come luogo di Panacea di tutti i
mali della Radicalità - ma non ho mai trovato, mia ignoranza senz'altro,
nemmeno un accenno a un I Congresso Francese, Belga Tedesco, Catalano, Ticinese
del PRNTT. Se qualcuno ne è a conoscenza me lo dica... mi aiuti, o mi si dica
chiaramente che il nostro – il vostro perché io non ne sono iscritto – è a
vocazione transanazionale. E quante doppie tessere abbiamo?
Abbiamo forze militanti ed
economiche risicate, motivo per cui avremmo dovuto concentrare tutte le forze
per la campagna elettorale esclusivamente su Lombardia e Lazio, e partire dalle
regioni per iniettare nel sistema (scusate, nel regime partitocratico) il
vaccino radicale. Abbiamo dissipato le energie su tutto il territorio nazionale
con i risultati che tutti, tutti anche i più ottimisti, senz'altro prevedevano.
Brindisi, ieri, l'Assemblea della Lista AGL, il cui ascolto ho interrotto a
metà, rappresentava senz'altro la Brindisi del miglior risultato ottenuto dalla
Lista, ma, come ha detto qualcuno qui in Tortora qualche giorno fa, a me ha
ricordato più la Brindisi dell'8 settembre e del governo Badoglio in fuga da
Roma.
Se potessi genuinamente cliccare
un tasto e risolvere l'odierna situazione per poter continuare a chiamarmi
Radicale anche in futuro, credete voi compagni che io non cliccherei subito
quel tasto? Non trovo questo tasto, e ho difficoltà persino a trovare la stanza
dei bottoni o una leva di emergenza democratica che mi permetta di tirarla e
dire "il Big Ben ha detto Stop" permettetemi la citazione da padrone
di casa.
In un momento di crisi non si
esternalizza il programma politico che per l’istante elettorale non viene
distinto da quello elettorale a una Lista di scopo.
In un momento di crisi non si
scorpora una struttura in sottostrutture che inevitabilmente costano.
In un momento in cui la guerra al
regime non ci permette di schierare le nostre divisioni, ma nemmeno i
reggimenti, su più fronti, non si disperde il potenziale d'attacco.
In un momento di crisi non ci si
può affidare a dei generali che non possono essere rimossi se non per alto
tradimento.
Questo è il nostro momento di
crisi. E dalla crisi si deve rinascere: mettiamo i remi in barca per un anno -
poi ci sono le elezioni europee - chiudiamo per inventario e ripartiamo. Come?
Assumendo i tratti formali e le caratteristiche essenziali della Partitocrazia.
Se si tratta di entrismo, bene, proviamolo.
Ponendo fine alla struttura della
Galassia così come concepita: avete presente la falange romana? Tutta accorpata
in un unico strumento bellico. Costa meno ed è più governabile. Del tutto
evidentemente si tratta di una Reductio ad Unum. Quale Unum? Discutiamone: il
PRNTT non è un Partito. RI così com'è è una luogo di discussione politica,
qualsiasi altra costituente il PRNTT è... qualsiasi altra costituente.
Decidiamo quale Unum.
Nel decidere quale Unum si tenga
presente che non ha più ragione d'essere la dicotomia antidemocratica - questo
è scandaloso al nostro interno - tra soggetto elettorale e soggetto politico. Perché
le scelte elettorali che man mano vengono attuate non possono essere 1)
discoste dalla strategia politica pena la confusione o lo schiacciamento su
alcuni o un solo punto e 2) perché i responsabili politici delle scelte anche
fallimentari non sono sanzionabili dagli iscritti, complice una struttura
creata sembra ad hoc per questo.
Che il Vertice di questo Unum sia
il Vertice politico, democraticamente eletto e responsabile di fronte agli
iscritti, pena lo scimmiottamento della diarchia Berlusconi Alfano. Che il
Congresso degli iscritti elegga un segretario, un Comitato Nazionale, non credo
servano altre strutture se non una per coadiuvare la segreteria e che subito
dopo ogni tornata elettiva si vada a Congresso per valutare le scelte fatte,
perche quello elettorale rappresenta un valido terreno di prova, ancorché noi
si scriva ovunque che non ci presentiamo alle elezioni, ma poi siamo qui a
discutere di risultati elettorali.
Qualcuno mi potrà domandare
"ma i contenuti?" I contenuti e la cultura ce li abbiamo, sono sempre
loro, cosa devo dire, ma sono persi nei meandri della Radicalità o sono
schiacciati da un unico, grande scopo. Sono la riforma della giustizia e del
sistema carcerario, sono la riforma del diritto di famiglia, sono l'estensione
dei diritti della persona a tutti, sono l'introduzione dei diritti sul fine
vita, sono le battaglie sulla legalità e sulla trasparenza, sono le
legalizzazioni, sono la Peste Italiana, magari riveduta e aggiornata e
comunicata. E comunicata. Con altri strumenti e più efficaci per il XI secolo e
più piacioni anche? Perché no? E sono i
necessari punti economici che devono dare risposta alla quotidianità di ogni
giorno, anche di fronte a periodi di crisi generalizzata. Sono gli Stati Uniti d’Europa
e le grandi moratorie internazionali. Perché abbiamo bisogno di una struttura
così complessa e poco chiara per portarli avanti? Quando, l’ha ricordato anche
Lipparini, questi temi vengono portati avanti dalle associazioni Radicali,
indistintamente dalla loro specifica connotazione.
Qualcuno compagni vede qualcosa
di sbagliato in questo? No, occorre trovare nuovi strumenti di lotta politica
che siano maggiormente efficaci.
Non dobbiamo inventarci nulla a
livello programmatico.
Ma è fondamentale innovare 1 la
struttura e 2 la comunicazione e 3 la strategia (Strik). Perché a furia di
gridare al lupo al lupo non ci si fila più. Piuttosto assumiamo un low profile. Il regime esiste. Inutile
ripeterlo e urlarlo. Facciamocelo amico: è più facile poi smantellarlo. A meno
di ipotizzare che noi Radicali non siamo capaci e non siamo vaccinati contro le
seduzioni del regime stesso, il che farebbe torto a tutti i nostri eletti
attuali e passati e a tutti i nostri iscritti che ci vedono come l’unico
Partito della legalità. Non è impossibile farlo, e il M5S ce lo conferma.
Ne va di chiarezza nostra
personale e ne va della nostra sopravvivenza: vorrei quindi una Costituente
Radicale che andasse nella direzione qui proposta. Dato che siamo il Partito
dei Chiunque, allora bisognerebbe dare a quel chiunque la possibilità di fare politica
e delinearne la linea in maniera differente rispetto a quanto fatto ad oggi. Ci siamo dati strutture differenti nel corso
degli anni? E perché non approfittare di questo momento di forza
extraparlamentare per rifarlo? Non possiamo correre la Parigi Dakar con una
bellissima e lucidissima Alfa Romeo degli anni 50.
Ovvero che ci si dica che la Cosa
Radicale va bene così e non si cambia: in quel caso sarei il primo a
concentrare i miei sforzi su un altro tipo di aiuto.
10 marzo 2013
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