Partendo da
un misunderstanding su una metafora da me utilizzata durante l'incontro
"Radicali al Nord: problema o risorsa?" svoltosi domenica 10 marzo
2013 nella sede dell’Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano, e dal successivo scambio di opinioni avuto con Annarita Digiorgio, giovane pasionaria radicale, ho la
possibilità di chiarire il senso profondo di quell’intervento e delle mie critiche verso la strada che la Radicalità ha intrapreso in questi ultimi mesi.
Questo il passaggio incriminato: “…abbiamo forze militanti ed economiche
risicate, motivo per cui avremmo dovuto concentrare tutte le forze per la
campagna elettorale esclusivamente su Lombardia e Lazio, e partire dalle
regioni per iniettare nel regime partitocratico il vaccino radicale. Abbiamo
dissipato le energie su tutto il territorio nazionale con i risultati che
tutti, tutti, anche i più ottimisti, senz'altro prevedevano. Brindisi, ieri,
l'Assemblea della Lista AGL… rappresentava senz'altro la Brindisi del miglior
risultato ottenuto dalla Lista, ma … a me ha ricordato più la Brindisi dell'8
settembre e del governo Badoglio in fuga da Roma…”
E’ del tutto evidente che la
situazione politica nelle regioni che sono riuscite a raccogliere le firme per
la presentazione della Lista AGL – che in questo caso, dato di fatto, si
situano al sud della Penisola - sia migliore o più agevole che qui al Nord. Da
queste parti si avverte da parecchio tempo
un clima di disaffezione diffusa e di stanchezza: gli ultradecennali
iscritti al PRNTT - o a qualcuno dei soggetti che lo costituiscono - che non
rinnovano la tessera, rappresentano solo la punta dell’iceberg, a meno di non
volerla vedere per poter correggere la rotta in tempo. Il disappunto per le
scelte elettorali fatte, anche per arginare un ulteriore e più grave danno di
perdita di consenso, doveva necessariamente trovare sfogo in una pubblica
assemblea. Assemblea che non avremmo potuto non indire.
Quando ho più volte ricordato che
per la raccolta firme non avevo a disposizione l’usuale militanza, non stavo
parlando a vanvera: la militanza, i simpatizzanti, i votanti radicale per
tradizione, hanno per molti versi dato forfait.
Fermo restando che avremmo potuto fare di meglio e di più.
Credo che, ovunque, si sapesse
che in questa tornata elettorale non avremmo raccolto nulla in termini di eletti
"nazionali", tornando così a essere una rappresentanza
extraparlamentare.
Allora, per portare a casa un
risultato comunque importante, avremmo dovuto concentrarci esclusivamente su
Lazio e Lombardia, sulla scia della vicenda dei fondi della Pisana portata alla
luce da Berardo e Rossodivita, e sulla scia dell’annosa vicenda di Formigoni, fautori
Cappato e Lipparini, vicende che in entrambi i casi ci hanno dato maggiore
credito come forma politica organizzata.
Concentrando tutte le forze su
quelle due regioni, avremmo molto presumibilmente avuto più spazio in termini
di visibilità e ottenuto maggiore consenso e avremmo potuto seriamente sperare
di avere qualche consigliere eletto: senz’altro i già citati Cappato e
Rossodivita. Nulla contro il Molise, sia chiaro: avremmo potuto provarci anche
li, spalmando su tre regioni - invece che su venti - lo sforzo per la raccolta
firme e la campagna elettorale.
Operando dalla Regione, avremmo
avuto più possibilità di correggere, o anche solo denunciare più precisamente, i
danni fatti qui in Lombardia dal regime formigoniano e avremmo potuto
incardinare a livello più definitivo quelle politiche e quelle battaglie che
stiamo portando avanti per il Comune di Milano: registro delle coppie di fatto
(già approvato), testamento biologico, laicità, trasparenza e legalità.
Battaglie che ci sono agevoli condurre, proprio perché nel Consiglio Comunale
milanese siede il Radicale Marco Cappato. Penso che la presenza di almeno un
Radicale in Regione Lombardia avrebbe potuto fare la differenza, se non altro per
noi militanti Radicali, facilitandoci i compiti, specialmente in una regione
che si trova a essere in pieno delirio d'illegalità intorno all'affare milionario di Expo2015. Senza considerare che la Lombardia, quella che si
soleva definire la regione più moderna e avanzata d’Italia, è ora in mano alla
Lega Nord: quella delle ronde padane,
della famiglia tradizionale a tutti i costi e dei crocifissi in tutti i luoghi
pubblici, tanto per dirne alcune.
Ugual discorso, ma differente nei
contenuti, per quanto riguarda il Lazio.
Partendo da quegli eventuali - ma
più probabili – consiglieri regionali, avremmo avuto più chances di infettare il regime con il vaccino della legalità
Radicale.
Perché nell'ottica di questa strategia politica, un
paio di Consiglieri Regionali avrebbero fatto comodo anche in altri ambiti:
avere degli eletti nel Lazio, ad esempio, avrebbe senza ombra di dubbio
aiutato, sotto più di un punto di vista, la campagna elettorale per Roma
Capitale. Fra un anno, inoltre, per le elezioni Europee, avremmo segnato a nostro
credito anche le attività nei consigli regionali: proprio perché le possibilità
di eleggere qualche germe Radicale
sarebbero state più alte concentrandosi solo su due realtà, e, soprattutto, con
le premesse che queste due realtà avevano: di lotta al regime formigoniano e di
legalità contro la corruttela della Pisana.
Senza dimenticare che, per
l’elezione del Presidente della Repubblica, i parlamentari saranno raggiunti da
58 delegati regionali, tre per ogni regione – uno per la Valle d’Aosta – di cui
due eletti nella maggioranza e uno nella minoranza dei rispettivi consigli
regionali. Perché non pensare all'ipotesi di avere a disposizione almeno due
delegati regionali Radicali per eleggere quell'Emma Bonino che, nonostante sia
largamente gradita non solo alla Radicalità, duole ricordare sarà fuori dal
Parlamento proprio nel fondamentale momento istituzionale dell’elezione del
Presidente della Repubblica.
Poca cosa, mi si potrebbe
obiettare, ma nel poco che siamo abituati a ottenere in termini elettorali, è
già tanto.
Dalla qui, la metafora con l'8
settembre di Brindisi: mancando la strategia politica nazionale sopra riportata,
ci siamo rifugiati nel lido più sicuro e collaudato di una Lista che portasse
avanti l’unico scopo dell’Amnistia, lasciando letteralmente allo sbando altri
che, fin da tempi non sospetti, proponevano altre politiche con altri
strumenti.
Sembra che ci siamo dimenticati
delle nostre scarse risorse militanti ed economiche e, cosa più grave, che ci
siamo dimenticati che il regime che
denunciamo quotidianamente non avrebbe avuto nessuna difficoltà a non prestarci
attenzione, avendo noi dissipato le forze su tutto il territorio nazionale. Il
risultato è che, senza nessun eletto nelle regioni e in Parlamento, con meno di
70.000 voti, non abbiamo avuto altra idea
che tentare di rilanciare i temi della Lista AGL.
In apparenza: perché in realtà
il nostro obiettivo ora è tentare di rilanciare la Radicalità, inventandoci una
strategia che abbiamo perso nel cul de
sac di Brindisi.
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