Il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve rendere conto alla società è quello riguardante gli altri: per l'aspetto che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta. Su sé stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l'individuo è sovrano.

mercoledì 13 marzo 2013

La strategia che non passa per Brindisi


Partendo da un misunderstanding su una metafora da me utilizzata durante l'incontro "Radicali al Nord: problema o risorsa?" svoltosi domenica 10 marzo 2013 nella sede dell’Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano, e dal successivo scambio di opinioni avuto con Annarita Digiorgio, giovane pasionaria radicale, ho la possibilità di chiarire il senso profondo di quell’intervento e delle mie critiche verso la strada che la Radicalità ha intrapreso in questi ultimi mesi.

Questo il passaggio incriminato: “…abbiamo forze militanti ed economiche risicate, motivo per cui avremmo dovuto concentrare tutte le forze per la campagna elettorale esclusivamente su Lombardia e Lazio, e partire dalle regioni per iniettare nel regime partitocratico il vaccino radicale. Abbiamo dissipato le energie su tutto il territorio nazionale con i risultati che tutti, tutti, anche i più ottimisti, senz'altro prevedevano. Brindisi, ieri, l'Assemblea della Lista AGL… rappresentava senz'altro la Brindisi del miglior risultato ottenuto dalla Lista, ma … a me ha ricordato più la Brindisi dell'8 settembre e del governo Badoglio in fuga da Roma…”
E’ del tutto evidente che la situazione politica nelle regioni che sono riuscite a raccogliere le firme per la presentazione della Lista AGL – che in questo caso, dato di fatto, si situano al sud della Penisola - sia migliore o più agevole che qui al Nord. Da queste parti si avverte da parecchio tempo  un clima di disaffezione diffusa e di stanchezza: gli ultradecennali iscritti al PRNTT - o a qualcuno dei soggetti che lo costituiscono - che non rinnovano la tessera, rappresentano solo la punta dell’iceberg, a meno di non volerla vedere per poter correggere la rotta in tempo. Il disappunto per le scelte elettorali fatte, anche per arginare un ulteriore e più grave danno di perdita di consenso, doveva necessariamente trovare sfogo in una pubblica assemblea. Assemblea che non avremmo potuto non indire.
Quando ho più volte ricordato che per la raccolta firme non avevo a disposizione l’usuale militanza, non stavo parlando a vanvera: la militanza, i simpatizzanti, i votanti radicale per tradizione, hanno per molti versi dato forfait. Fermo restando che avremmo potuto fare di meglio e di più.
Credo che, ovunque, si sapesse che in questa tornata elettorale non avremmo raccolto nulla in termini di eletti "nazionali", tornando così a essere una rappresentanza extraparlamentare.
Allora, per portare a casa un risultato comunque importante, avremmo dovuto concentrarci esclusivamente su Lazio e Lombardia, sulla scia della vicenda dei fondi della Pisana portata alla luce da Berardo e Rossodivita, e sulla scia dell’annosa vicenda di Formigoni, fautori Cappato e Lipparini, vicende che in entrambi i casi ci hanno dato maggiore credito come forma politica organizzata.
Concentrando tutte le forze su quelle due regioni, avremmo molto presumibilmente avuto più spazio in termini di visibilità e ottenuto maggiore consenso e avremmo potuto seriamente sperare di avere qualche consigliere eletto: senz’altro i già citati Cappato e Rossodivita. Nulla contro il Molise, sia chiaro: avremmo potuto provarci anche li, spalmando su tre regioni - invece che su venti - lo sforzo per la raccolta firme  e la campagna elettorale.
Operando dalla Regione, avremmo avuto più possibilità di correggere, o anche solo denunciare più precisamente, i danni fatti qui in Lombardia dal regime formigoniano e avremmo potuto incardinare a livello più definitivo quelle politiche e quelle battaglie che stiamo portando avanti per il Comune di Milano: registro delle coppie di fatto (già approvato), testamento biologico, laicità, trasparenza e legalità. Battaglie che ci sono agevoli condurre, proprio perché nel Consiglio Comunale milanese siede il Radicale Marco Cappato. Penso che la presenza di almeno un Radicale in Regione Lombardia avrebbe potuto fare la differenza, se non altro per noi militanti Radicali, facilitandoci i compiti, specialmente in una regione che si trova a essere in pieno delirio d'illegalità intorno all'affare milionario di Expo2015. Senza considerare che la Lombardia, quella che si soleva definire la regione più moderna e avanzata d’Italia, è ora in mano alla Lega Nord: quella delle ronde padane, della famiglia tradizionale a tutti i costi e dei crocifissi in tutti i luoghi pubblici, tanto per dirne alcune.
Ugual discorso, ma differente nei contenuti, per quanto riguarda il Lazio.
Partendo da quegli eventuali - ma più probabili – consiglieri regionali, avremmo avuto più chances di infettare il regime con il vaccino della legalità Radicale.
Perché  nell'ottica di questa strategia politica, un paio di Consiglieri Regionali avrebbero fatto comodo anche in altri ambiti: avere degli eletti nel Lazio, ad esempio, avrebbe senza ombra di dubbio aiutato, sotto più di un punto di vista, la campagna elettorale per Roma Capitale. Fra un anno, inoltre, per le elezioni Europee, avremmo segnato a nostro credito anche le attività nei consigli regionali: proprio perché le possibilità di eleggere qualche germe Radicale sarebbero state più alte concentrandosi solo su due realtà, e, soprattutto, con le premesse che queste due realtà avevano: di lotta al regime formigoniano e di legalità contro la corruttela della Pisana. 
Senza dimenticare che, per l’elezione del Presidente della Repubblica, i parlamentari saranno raggiunti da 58 delegati regionali, tre per ogni regione – uno per la Valle d’Aosta – di cui due eletti nella maggioranza e uno nella minoranza dei rispettivi consigli regionali. Perché non pensare all'ipotesi di avere a disposizione almeno due delegati regionali Radicali per eleggere quell'Emma Bonino che, nonostante sia largamente gradita non solo alla Radicalità, duole ricordare sarà fuori dal Parlamento proprio nel fondamentale momento istituzionale dell’elezione del Presidente della Repubblica.

Poca cosa, mi si potrebbe obiettare, ma nel poco che siamo abituati a ottenere in termini elettorali, è già tanto.
Dalla qui, la metafora con l'8 settembre di Brindisi: mancando la strategia politica nazionale sopra riportata, ci siamo rifugiati nel lido più sicuro e collaudato di una Lista che portasse avanti l’unico scopo dell’Amnistia, lasciando letteralmente allo sbando altri che, fin da tempi non sospetti, proponevano altre politiche con altri strumenti.
Sembra che ci siamo dimenticati delle nostre scarse risorse militanti ed economiche e, cosa più grave, che ci siamo dimenticati che il regime che denunciamo quotidianamente non avrebbe avuto nessuna difficoltà a non prestarci attenzione, avendo noi dissipato le forze su tutto il territorio nazionale. Il risultato è che, senza nessun eletto nelle regioni e in Parlamento, con meno di 70.000 voti, non abbiamo avuto  altra idea che tentare di rilanciare i temi della Lista AGL.

In apparenza: perché in realtà il nostro obiettivo ora è tentare di rilanciare la Radicalità, inventandoci una strategia che abbiamo perso nel cul de sac di Brindisi.

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